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STORIE DI MAMMA: un parto davvero travagliato....una storia da leggere tutta d'un fiato


Il parto per me è stato uno dei momenti più forti della mia vita.

Come per tutte certo, ma considerando che sono una donna dramma l'ho vissuto in parte come tale.

Partiamo dal fatto che per nove mesi ho immaginato scene da film tipo le acque che si rompevano in macchina (giuro ho girato con un asciugamano sul sedile le ultime settimane) o le contrazioni nel cuore della notte o al supermercato. Ho iniziato al settimo mese a rompere le p***e ad Andrea dicendo che doveva SEMPRE rispondere al telefono.

Che non si sa mai potrei essere li che partorisco. (santo uomo).

Ed invece ad una perfettina programmatrice come me che a momenti sa già come si vestirà il giorno di Natale già dalla pancia mio figlio ha deciso di darmi una grande lezione di vita e scombussolare tutti i piani. Stavi bene nella pancia ma grazie al piffero tesoro mio,

Far programmare un'induzione non è stata proprio un' ideona.

La sera prima il mio ricovero ero talmente in ansia (che poi io e l’ansia sempre andate a braccetto) che nemmeno la ricordo.

Ricordo solo che sotto la doccia facevo le prove delle abbinate col cognome Tommaso D. o Thiago D.

Ah si perché miss contraddizione che si spaccia tanto per una perfettina programmatrice ad un giorno dal parto non aveva la minima idea di come si sarebbe chiamato il pargoletto.

Di quella mattina invece ricordo la fame. Perché ti ricoverano a digiuno, ti fanno il prelievo, l’incontro con la ginecologa, fai un salto fanne un altro, fai la giravolta, falla un'altra volta guarda in su guarda in giù e a mangiare non ci devi pensare più. Credo che l’ostetrica mi abbia dato il nulla osta semplicemente perché aveva paura le azzannassi il braccio.

Eh niente. Dopo la prima somministrazione di gel e svariati monitoraggi ho sentito una minima e indolore contrazione in tutto il giorno. Ho iniziato a pensare che avrei passato il resto dei miei gironi in quel letto ad aspettare di sentire dolore.

Tutto ciò che volevo era sentire quel c***o di male. Sadica no?

Passeggiate su e giù dal corridoio, messaggi alle amiche, ho letto focus (si, ho letto focus), public relation con l'intera famiglia che continuava a chiedere se c'erano novità. Macché.

Tutto fermo.

C'erano stati più movimenti due giorni prima quando mi era venuta la brillante idea di bere l'olio di ricino (si ammetto l'ho fatto!). Finché finalmente verso le sette si presenta una pazza ginecologa e dice che mi vuole visitare e somministrare la seconda dose di gel. Apro le gambe sul lettino e dal nulla dopo un: "come lo chiamerai questo bambino" la simpaticona afferra il mio utero e lo tira verso di lei. Si. Il mio utero. Si. L'ho maledetta. Ma maledetta forte. Ma parlavo col muro perché dopo questa tortura la simpaticona era sparita.

Lasciandomi gambe all'aria dolorante nominando tutti i Santi e chiedendo ad Andrea il da farsi! Dopo un po' visto che non tornava nessuno siamo andati in camera. Mi sembra che mi hanno portato la cena ma non ricordo. Di li a poco sono iniziate le contrazioni. Quelle vere. Dotati di app sul cellulare segnavamo ogni quanto e per quanto finché ho capito che quello che avevo aspettato da tutto il giorno era li. Era arrivato. Penso che gli uomini in questo caso siano dei santi.

Ho vissuto chiusa nel bagno della camera con Andrea che mi sorreggeva uno dei momenti meno dignitosi della mia esistenza! E lui è ancora al mio fianco. Ah, l'amur!

La visita. La dilatazione c'è. Andiamo in sala parto, portate tutto. E mentre il mio compagno d'avventure buttava a caso le cose che durante l'interminabile giornata avevamo tolto dalla valigia (non curanti del consiglio dell’ostetrica di tirare fuori il meno possibile) io dal bagno inviavo l'ultimo messaggio: Vado in sala parto Sono in travaglio Muoio.

Erano le 22.14. Durante il percorso una contrazione che "m***a p*****a che male" (testuali parole) e la mia reazione appena varcata la porta di quella stanza dalle luci soffuse che profuma di pulito è stata di ridere.

Ma ridere tanto.

E voler dire perché stavo ridendo ma non riuscirci perché interrotta dalle contrazioni. È una curva ti dicono. La senti arrivare piano, poi il picco e poi scende. Da li a poco avrei avvisato che stava arrivando con un: "arriva la p****a!". Non mi ritengo una persona particolarmente volgare o meglio, non troppo, eppure in quel contesto ero tutt'altro che bon ton!

Diamo la colpa ai litri di ossitocina sparati in vena và!

Oscillavo tra l’essere particolarmente simpatica a personificare il diavolo.

Affermavo che era meglio se mi fossi comprata un altro gatto anziché fare un figlio e continuavo a dire: “dai Andrea basta, qui non nasce, portami a casa!” Chiedevo alle ostetriche di darmi un orario, di dirmi quanto ci avrei messo, di dirmi quante contrazioni mancavano. Ero diventata un simpatico fenomeno da baraccone per tutti tranne che per la dottoressa che era venuta a visitarmi. Oh fare mezzo sorriso manco a pagarla.

Ed io che zitta non so stare di mio figuriamoci in una situazione così subito dopo la visita ricordo di essermi rivolta a lei dicendo: “ certo che un mezzo sorriso lo potrebbe fare. Lei non è carina come le ostetriche. Lei è antipatica e altezzosa” stava uscendo dalla sala parto ma sicuro mi aveva sentita. E poi l’emergenza. Il monitor che indica il battito del bambino che cala. Il passare ad essere noi due e due ostetriche a trovarci circondati da sette persone. (se riesco a raccontare questo passaggio con ironia HO VINTO). La dottoressa entra di corsa e sussurra “ero giù al cesareo e mi hanno detto di correre per un’urgenza, andava tutto bene dieci minuti fa!”, la guardo mi faccio seria e le dico: “stavo scherzando prima, non penso affatto lei sia altezzosa.” Insomma aveva la vita di mio figlio in mano, mettiamo in chiaro le cose che poi magari questa la prende troppo sul personale e fa un macello. Sfilando dal letto che Harry Potter levati degli aggeggi per mettermi le gambe nella classica posizione ginecologica (vi facciamo partorire come più siete comode un piffero) e altri due per farmi impuntare con le braccia, della serie qui devi metterci tutta te stessa per spingere cara, il tempo delle minchiate è finito. Ricordo mi sono girata e sulla mia destra nel fondo della stanza c’erano tre figure che parevano esser li per la pubblicità della Durban’s. Un sorriso stampato a tutto denti che credo volesse far passare il messaggio: “state tranquilli che siamo qui solo perché eravamo di passaggio e ci sembri piuttosto simpatica ma va tutto bene”, era la pediatra con la sua equipe e ricordo bene che al corso preparto non l’avevano nominata fra le presenze in sala parto.

Tutto il resto del personale era di una serietà insostenibile. “Siamo concentrate” rispondeva la ginecologa alle mie continue domande “perché siete serie? Cosa sta succedendo? Perché non mi dite cosa sta succedendo??”.

Finchè ho visto sbiancare anche Andrea. Colui che poco prima ironizzava sul mio fiato pesante offrendomi una mentina, colui che è la calma in persona era pallido, se ne sono accorti un po’ tutti e infatti un’infermiera era li solo per lui. Ho pensato “oh m****a qui la situazione si complica” e lasciandogli le mani ho preso quelle di una donna che per lavoro fa l’ostetrica ma io sono convinta che in realtà sia un angelo e le ho chiesto di non lasciarmi.

Poi vabbè i particolari qui sono superflui. Mi hanno fanno l’episiotomia. Hanno usato la ventosa più volte perché mi figlio ha una marea di capelli e si staccava, la ginecologa tirava talmente tanto che ogni volta che si staccava finiva spalle al muro indietreggiando di un paio di metri. Spingevo ed urlavo con una voce che non mi sono mai sentita, che non è umana, che ti parte dalla bocca dello stomaco e avvolge tutta la stanza con un suono di

dolore inverosimile, impossibile, insopportabile.

Avevo un’ostetrica che mi spingeva sulla pancia. La famosa manovra di Kristeller quella che ai corsi preparto è innominabile. Quella che “ma no la fanno solo in casi rarissimi di emergenza”. Quella che in Inghilterra è vietata. Credo che quella donna abbia ancora a distanza di mesi il segno dei miei denti sulla spalla.

E poi eccolo li. Il mio bambino che con pisello all’aria ha battezzato tutti con la sua pipì come per dire ti vendico io mamma!

Eccolo li quel piccolo Arianna che non pensavo si potesse guardare qualcuno e dire:

“ma questo sono io!”.

Eccoli li quei tre kg di amore puro!

Sono riuscita a mettere nero su bianco il mio parto. Sono riuscita a scrivere di un argomento che mi ha segnata. Che non credo sia peggio di tanti altri parti, ma è stato il MIO. Il MIO dolore, la MIA paura, i miei occhi che si riempivano di lacrime per i mesi successivi quando tentavo di raccontare come era andata.

Non è vero che si dimentica. Perché non lo dimenticherò mai. Non è vero che passa. Ma è vero che si metabolizza. Che si va avanti. “Abbiamo un bambino bellissimo, sano, sveglio, pieno di energie, basta tornare a quella notte che è passata” queste sono le parole che più volte l’amore della mia vita mi ha ripetuto e che però non riuscivo a capire fino in fondo.

Ora ci sono riuscita.

La mia testa è guarita!

No, non sono pronta a farne un altro, sia ben chiaro!!!!!

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