CURVE DI CRESCITA E PERCENTILI
Tra le innumerevoli cose che hanno il potere
di mettere ansia e scompiglio nel neo-genitore
ci sono sicuramente le curve di crescita.
Quelle famose tabelline indecifrabili che mettono sotto esame la coppia genitore-bambino ad ogni bilancio di salute.
Quante mamme almeno una volta si saranno chieste: “ cresce abbastanza??” “ Sarà troppo magro o troppo grasso?”
Sono dubbi normalissimi ma col tempo ci si rende conto che la crescita dei nostri figli non è semplicemente incasellabile in una tabella!
CURVE DI CRESCITA
Esistono due tipi di curve: la prima realizzata dall’NCHS (National Center for Health Statistics), che è quella studiata dai pediatri e che ritroviamo sui libretti pediatrici; e la più recente commissionata dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanita, o WHO in inglese)
La differenza sostanziale fra le due è come sono stati raccolti i dati.
Il 27 aprile 2006 l’Oms ha lanciato le sue nuove curve di crescita, a conclusione di un percorso multicentrico iniziato nel 1994, quando era stata riconosciuta l’inadeguatezza delle curve del National Centre for Health Statistics (Nchs) del 1977.
Le curve di crescita normalmente usate per la valutazione dei bambini da O a 3 anni (quelle per intendersi che troviamo sui libretti pediatrici alle dimissioni dall’ospedale) risalgono agli inizi degli anni 70 e sono state costruite partendo da popolazioni di bambini prevalentemente americani e allattati artificialmente.
l’Oms ha condotto, tra il 1997 e il 2003, uno studio su un campione di 8440 bambini in 6 paesi: Brasile, Ghana, India, Norvegia, Oman e Usa. Questi bambini dovevano seguire degli standard di alimentazione molto rigorosi:
allattamento esclusivamente al seno almeno per 4 mesi (come da raccomandazioni OMS dell’epoca; lo studio è iniziato nel 1997),
introduzione di un’alimentazione complementare nutrizionalmente adeguata dal quarto al sesto mese
allattamento continuato almeno fino ai 12 mesi
vivere in un ambiente protetto (ovvero con accesso ai servizi sanitari, vaccinazioni raccomandate localmente effettuate, madri non fumatrici, ecc.).
Le medie indicate in queste tabelle e grafici percentili portano una grossa rivoluzione rispetto alle tabelle in uso fin dagli anni ’70: “Le tabelle di uso corrente fino ad oggi”, afferma l’OMS nel suo documento illustrativo, “non indicano come i bambini dovrebbero crescere, ma descrivono solo come in media crescono”.
PERCENTILI
Il percentile o, più di preciso, i diagrammi percentili sono l’unità di misura che si utilizza per stabilire come procede la crescita del bambino in peso e in altezza. Sono realizzati prendendo come termine di paragone gruppi formati da 1000 bambini della stessa età. I bambini vengono suddivisi a seconda del peso e della statura dopodiché vengono inseriti in 100 sottogruppi ciascuno formato da 10 bambini. Ogni gruppetto è un centile e ogni centile è rappresentativo dell’uno per cento della popolazione infantile dell’età anagrafica presa in esame.
Nel primo centile si trovano i bambini di dimensioni più piccole, nel centesimo quelli più alti e grossi. La maggior parte della popolazione infantile è posizionata tra il 25° e il 75° percentile. I bambini al 50mo centile sono i bambini di dimensioni medie.
Non si deve però fare l’errore di considerare il percentile separatamente dal resto; invece bisogna vedere sia il bambino (sta bene?) che la famiglia (sono grossi/piccoli? Fuma nessuno? ecc.) per capire se c’è davvero qualcosa di strano. Facciamo l’esempio di due genitori dove lui è alto oltre 2 metri e lei è 1,85 m, chiaramente il figlio non potrà che venire molto alto e se invece fosse a un percentile basso sarebbe logico chiedersi il perché (ma non è necessariamente vero che ci sia un problema… magari un nonno è bassino e lui ha ereditato quel gene…); analogamente, se lui è 1,65 m e lei è 1,45 m e il figlio è si è stabilizzato su percentili molto bassi non ci sarebbe niente da stupirsi (anche se ho letto di genitori di costituzione minuta che si preoccupavano proprio del fatto che il figlio fosse in basso nelle curve…).
In pochi si rendono conto che per giudicare lo stato di salute di un bambino non serve (esclusivamente) la bilancia