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Morte intrauterina

Una delle complicanze più tragiche e difficili da trattare in campo ostetrico.
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Si definisce morte intrauterina la morte di un feto nella seconda metà di gestazione, dopo il 180° giorno, ma comunque prima del termine di nascita. Potenzialmente i piccoli morti in questa fase sarebbero sarebbero stati vitali. Spesso la morte del feto tra il 140° e il 180° giorno di gestazione viene definita morte intrauterina per la difficoltà di definire il momento esatto del decesso.
Essa si verifica con una frequenza di circa 6 casi per 1000 nati vivi. Il medico si trova ad affrontare due dilemmi. Il primo è quello di studiare la causa del problema attuale, e la seconda, la gestione di una possibile futura gravidanza.
La nascita e la morte dovrebbero avvenire con molti anni di distanza, quando ciò invece avviene contemporaneamente, rappresenta sempre un evento molto triste. Per una donna è difficile accettare il fatto che il cuoricino del bambino, tanto atteso e fino a quel momento cresciuto nel suo grembo, possa smettere di battere e senza una ragione evidente.
L’aborto spontaneo e la morte intrauterina sono temi tabù. Nessuno ne parla, si tende ad evitare l’argomento ed il confronto.
La morte intrauterina è spesso conseguenza di distress fetale, patologie placentari o complicazioni del cordone ombelicale.
La moderna nomenclatura definisce “morte fetale tardiva” la morte di un feto di almeno 1.000 g di peso prima del termine di nascita. Si parla di “morte fetale prematura” nel caso del feto con peso oscillante tra i 400 e i 999 g deceduto prima del termine di gravidanza. Il feto di peso inferiore ai 350 g si definisce aborto.
L’OMS definisce decesso fetale la morte del feto di peso superiore ai 500 g corrispondente alla 22° settimana di gravidanza o ad una lunghezza totale di 25 cm.
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